MOHAMMAD ALHEMD |
Sculpture and installation
WRECKING BALL, 2019
Wood, Disco ball, Mirror ball motor
90x120x40 cm
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L’Oriente che incontra l’Occidente in uno scenario eclettico e luminoso. La rete della globalizzazione che, silenziosa, rivela l’intreccio che lega ogni luogo, anche quelli più lontani e impensabili. La palla da discoteca movimenta e accelera la strada verso il futuro, animando la contemplazione dell’opera. Il globo sembra troppo a volte grande, a volte troppo piccolo per rimanere incastrato all’interno dello spazio dove è inserito, creando una visione antitetica di quello che accadrà in un tempo non molto lontano. La grandezza della cultura e della religione orientale circonda, come un manto caldo, la cultura occidentale che illumina ancora il centro del mondo.
Testo realizzato dalla studentessa Alessia Calzoni, Accademia di Belle Arti Santa Giulia di Brescia
STRAUSS ANJA MARIA |
WORTLOS IM NETZ DES ZEITLOSEN , 2020
Lunaria, Wire, motor
50x345x90 cm
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Una cascata di petali di lunaria scivola leggera dal soffitto in un delicato movimento verticale. Si tratta dell’opera “Wortlos Im Netz Des Zeitlosen” dell’artista Anja Maria Strauss, che esprime la propria poesia donando alla natura un ordine diverso tramite l’inserimento in un nuovo contesto. Il mondo vegetale, caotico e in perenne metamorfosi, in questa scultura sembra essere congelato in un silenzio pacato che dona leggerezza ed equilibrio all’intera composizione. L’artista suggerisce con la sua installazione un’esperienza emotiva che stimola una connessione tra le persone con la meraviglia della flora e dei suoi incantevoli dettagli, spesso poco appariscenti, puntando così a generare impressioni diversificate a seconda della sensibilità di ognuno.
Strauss è profondamente suggestionata dall’universo naturale, che ritiene il punto di partenza per qualsiasi espressione artistica. I suoi lavori esprimono infatti una dimensione panica che sottolinea il sentimento di empatia provato dall’artista nei confronti del mondo vegetale.
Testo realizzato dalla studentessa Caterina Atropia, Accademia di Belle Arti Santa Giulia di Brescia
ELISA BALDISSERA |
SEA INSIDE IV, 2020
Lens, resin, light
30x50x44 cm
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Un infinito vivente, così Jules Verne definiva in uno dei suoi più famosi romanzi la vastità del mare. Una forza immensa, in continuo divenire, che da sempre ha affascinato, incuriosito e attratto l’uomo per i suoi oscuri e inesplorati abissi in cui nemmeno i raggi del sole riescono a filtrare. Da sempre un elemento con cui l’umanità si è confrontata e si è messa alla prova, ma anche un incontro in cui ritrovare risposte e riconoscere se stessi grazie alla compagnia del solo suono delle onde che s’infrangono una sull’altra. In Sea Inside IV Elisa Baldissera, attraverso l’utilizzo della luce che affonda nel buio colmandolo e indagando i suoi spazi più reconditi, ci mostra come l’ambiente marino sia, in realtà, sovrapponibile all’animo umano e all’intero universo: profondità ignote in cui farsi trasportare e vagare alla ricerca della giusta strada. Realtà che convergono, quindi, per loro stessa natura e diventano un tutt’uno all’interno di quell’elmo da subacqueo sospeso al centro della sala.
Testo realizzato dalla studentessa Melissa Freti, Accademia di Belle Arti Santa Giulia di Brescia
LARTIGUE BÉATRICEborn in Bordeaux, France 1982 | lives in Toulouse, France |
NARCISSE, 2018
Depth sensor, computer, projector
Variable dimensions
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La ricerca del doppio, la ricerca del nostro io, del nostro “altro”. Come mosso da dei piccoli fili invisibili, il nostro corpo viene proiettato sotto forma di minuscole particelle animate da una forza nascosta. Ad un tratto non siamo più noi, ma nemmeno qualcun altro, siamo semplicemente nulla; la carne si distacca dalla propria identità e viene rimodellato dalla tecnologia. Veniamo trasportati nello spazio che ci troviamo di fronte diventando attori di noi stessi, catapultati in un’altra dimensione, in una superficie e un suono diversi. Narciso era attratto dalla propria immagine riflessa in uno specchio d’acqua, noi veniamo catturati dal nostro Io che si muove seguendo, come legato ancora alla fisicità, tutti i movimenti che facciamo. Il cacciatore, famoso per la sua bellezza e crudeltà, cade nell’acqua, risucchiato da se stesso; noi rimaniamo incantati dalla proiezione, facendo fatica ad allontanarci.
Testo realizzato dalla studentessa Alessia Calzoni, Accademia di Belle Arti Santa Giulia di Brescia
MARINA BORS |
GRAY, 2018
Bardiglio Imperial Marble
100x380x40 cm
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Observing Grey di Marina Bors ci pone di fronte a una visione ossimorica: una scultura solida, realizzata in solido marmo, si smaterializza in una struttura organica morbida e leggera che sembra appesa a un piedistallo. È un legame antinomico, come quello che caratterizza la superficie esterna e tangibile dell’essere umano e la sua interiorità fluida, impalpabile e nascosta di lui. Un’anima che non è percepibile, ma che rivela la natura autentica dell’uomo e la sua vera bellezza di lui al di là della facciata esterna dietro la quale si nasconde.
L’artista, attraverso il suo lavoro, vuole rendere visibile e concreta quella verità: vuole dar vita a una nuova forma di vita che si presenta come metafora del mondo dentro l’essere, dei suoi pensieri e sentimenti su di lui. Un’immagine di tutto ciò che si libera ed esprime, lasciandosi alle spalle il pesante rivestimento che la ricopre e andando oltre i concetti di genere, razza e colore, permettendo un’universale identificazione e partecipazione da parte dell’osservatore al suo racconto da parte sua.
Testo realizzato dalla studentessa Melissa Freti, Accademia di Belle Arti Santa Giulia di Brescia
ROGER DANIEL JULESborn in Boulogne sur mer, France 1953 | lives in Rosay, France |
LES COQUILLES, 2019
Paper
Variable dimensions
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Una struttura archetipica, sacra, inviolabile, da cui tutto sembra aver avuto origine. Ascoltando, in silenzio, si ode il battito del mondo che vitale si sprigiona dalla carta: racconta i tempi passati, antichi, che narrano la storia dell’uomo; una parola universale che coinvolge tutti col suo suono. In questo modo si possono leggere Les Coquilles di Daniel Jules Roger che si configurano come una evoluzione delle precedenti Les Casemates con cui instaurano un profondo e antinomico dialogo. Racchiuso e imprigionato ne Les Casemates, lo spazio si libera, esplode e fuoriesce ne Les Coquilles generando un legame costante con l’opera. Lo scheletro della cupola poggiato a terra viene rovesciato e l’artista riesce a dare vita ad un contrasto tra vuoti e pieni in cui il vuoto, accolto dalla forma concava che fa convergere lo sguardo dello spettatore, entra in connessione con l’esterno compenetrandolo e aprendosi all’ambiente circostante. Si origina un nuovo universo: nuove strade e orizzonti sono percorribili.
Testo realizzato dalla studentessa Melissa Freti, Accademia di Belle Arti Santa Giulia di Brescia
RAPHAEL DUROYborn in Paris, France 1984 | lives in Fontenay sous bois, France |
JACKY, 2019
Clay
25x30x15 cm
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È uno scontro dicotomico tra luce ed ombra a scolpire il volto nella ruvida argilla, un volto inquieto, misterioso, capace di calamitare e di travolgere con singolari sensazioni, impressioni e ricordi chi lo osserva. Jacky di Raphael Duroy vive in un momento sospeso, in un istante cristallizzato, infinito, all’interno del quale lotta tra la propria affermazione e la propria cancellazione, consumato dall’oscurità che lentamente lo avvolge. Il suo corpo sembra disgregarsi in quel buio attraverso un moto perpetuo di composizione e decomposizione che lo trasporta sull’orlo della sparizione. Lo spettatore è portato a indagare silenziosamente l’opera e, in questo muto dialogo, viene imprigionato dallo sguardo scuro e intenso della scultura che lo spinge a ricercare in quei profondi pozzi neri delle risposte su se stessa, su quel ritratto sconosciuto e ignoto con cui il fruitore si sta confrontando.
Testo realizzato dalla studentessa Melissa Freti, Accademia di Belle Arti Santa Giulia di Brescia
SÈVE FAVRE |
ÊTRE AU PIED DU MUR, 2019
Paper, mixedmedias,paintings
Variable dimension
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Piccoli pensieri, parole, azioni. Un muro di azioni, scatole di carta che racchiudono oggetti, è questa l’opera di Sève Favre, che possono parlare di limiti o di infinito, di presente o passato.
Un mondo in cui la globalizzazione al posto di unire separa, innalza barriere culturali insormontabili; siamo messi con le spalle al muro. L’opera riflette la nostra conscia o inconscia partecipazione alla costruzione di questi muri ideologici e non.
Muri di parole non dette, mai scritte ma che sempre prendono la parte delle forze più grandi; fogli bianchi che urlano dell’ingiustizia del mondo e che chiedono il superamento di questi ostacoli, la loro distruzione. Le persone diventano partecipanti attivi di questo cambiamento, non più “con le spalle al muro” ma voltando lo sguardo verso la parete e mettendo mano all’opera, abbassando o alzando le piccole azioni sospese, andando così ad imprimere una firma simbolica, la propria voce su questo muro ormai fragile.
Testo realizzato dalla studentessa Alessia Calzoni, Accademia di Belle Arti Santa Giulia di Brescia
SIMONE FEZERborn in Waiblingen, Germany 1976 | lives in Altenmedingen, Germany |
SHINY (BRIGHT NEW WORLDS), 2018
Glass, Steel, textile
Variable dimensions
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Shiny è una struttura fragile, composta da elementi semplici. Vetro, alluminio, tessuto. La sua architettura rappresenta la struttura fisica del mondo e più precisamente della casa. L’installazione è un nido, un guscio, un palazzo, la terra. È ciò che l’essere umano abita, vive e sperimenta quotidianamente.
Simone Fezer combina diversi materiali per creare un ambiente immersivo, libero e familiare. Le sue opere pongono le proprie radici nel tessuto della storia umana, nelle sue tradizioni, costruzioni e valori per creare opere universali.
Il suo operato si concentra sulle fasi della creazione, della combinazioni di più elementi e, infine, della distruzione. Il suo obiettivo ultimo è quello di creare un ambiente travolgente nel quale l’osservatore può scoprirsi piano piano e immergersi completamente in un’atmosfera intima.
Shiny è un luogo sicuro, creato per proteggere la rêverie, il sogno, la propria esistenza.
Testo realizzato dalla studentessa Giulia Gandini, Accademia di Belle Arti Santa Giulia di Brescia
BEAN FINNERAN |
RED RING, 2019
Clay, glaze, acrylic stain
Variable dimensions
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Un richiamo alla natura costante, una ricerca estenuante delle forme geometriche semplici che la compongono, che ne fanno da base. Ciò che rende possibile l’esistenza stessa dell’opera è proprio la sua circolarità. La natura viene richiamata ma non imitata, mantenendo sempre quel rispetto fondamentale della convivenza con l’uomo. Mille e più piccoli vibranti elementi di argilla colorata compongono l’opera che invoca la forma marina di un anemone. Seguendo lo scorrere del tempo, la composizione stessa è transitoria poiché ogni singolo elemento è indipendente da quello accanto pur contribuendo nell’insieme alla crescita dell’installazione che risulterà sempre nuova, sempre diversa, in un ciclo infinito di possibilità e combinazioni, unica e inimitabile, così come la Vita. L’opera pulsa, respira, medita in un determinato spazio di tempo, cresce, togliendo spazio al contesto attirandone l’essenza.
Testo realizzato dalla studentessa Alessia Calzoni, Accademia di Belle Arti Santa Giulia di Brescia
MARCELLO GOBBI |
COCOON, 2015
Silicone, Faiber glass, Fabric
34x150x50 cm
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Una nuova origine, un momento di passaggio, di trasformazione; un involucro protettivo da cui liberarsi, da abbandonare per rinascere, venire alla luce e donarsi agli altri come una farfalla che, dopo la metamorfosi, spicca il suo primo e stupefacente volo uscita dalla crisalide. Quello a cui Marcello Gobbi dà vita in Cacoon è un risveglio verso il mondo, è la creazione dell’opportunità, della possibilità di mostrarsi, affermando la propria reale presenza. È un corpo che cambia, la cui pelle si smaterializza in infinite gocce pronta al mutamento e al rinnovamento che trasporta l’individuo ad una maggior consapevolezza di ciò che realmente è. L’artista, attraverso la sua sensibilità, plasma un’opera singolare ed espressiva che si configura come una delicata e suggestiva metafora in cui il riemergere dal bozzolo conduce sulla vera strada per giungere a se stessi.
Testo realizzato dalla studentessa Melissa Freti, Accademia di Belle Arti Santa Giulia di Brescia
SAMUELLE GREEN |
MANIFESTATION 7, 2019
Paper
Variable dimensions
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Un brulicare di forme biomorfe è ciò che si presenta agli occhi dei visitatori dell’opera Manifestation 7 dell’artista Samuelle Green, che utilizzando materiali semplici e di scarto progetta le sue installazioni. L’ambiente circostante diviene il punto di partenza da cui le sue strutture prendono forma, appropriandosi dello spazio architettonico circostante e stravolgendone così l’aspetto.
Il materiale principale utilizzato è la carta riciclata che, piegata su se stessa a formare piccoli coni, ricopre interamente le pareti e contribuisce a creare una dinamica suggestiva ed insolita. L’effetto visivo finale è simile ricorda un l’immagine di un alveare costituito da tante piccole celle. L’artista si ispira a costruzioni organiche e ad elementi appartenenti al mondo animale e vegetale per veicolare la propria poetica ed il proprio messaggio incentrato sull’interazione della natura con l’uomo. In particolare viene suggerita una riflessione su quanto la natura stessa sia una fonte inesauribile di ispirazione, molto spesso data per scontata, non solo per l’arte visiva ma anche per l’architettura.
Testo realizzato dalla studentessa Caterina Atropia, Accademia di Belle Arti Santa Giulia di Brescia
REBECCA HARVEY |
SPLIT, 2020
Raw brick altered, fired, underglaze
10x20x5 cm
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Le opere scelte dalla produzione di RHarvey sono caratterizzate dal materiale impiegato, uguale per tutte, infatti, sono prodotte con mattoni grezzi e sotto-smalto.
L’artista è particolarmente affascinata dalla materia solida e dalle forme geometriche. La sua fascinazione maggiore è data dai mattoni grezzi appunto; tanto che impiega una tecnica particolare per la loro elaborazione: li deposita in acqua lasciandoli sgretolare e sciogliere, lavorando e colorando poi solo ciò che ne rimane.
È possibile notare una particolare attenzione a ciò che normalmente verrebbe considerato difetto, neo, qui diventa peculiarità, viene reso più visibile e decorato, come a sottolinearne la particolarità che contraddistingue ogni elemento.
Testo realizzato dalla studentessa Mariavittoria Crescini, Accademia di Belle Arti Santa Giulia di Brescia
JESÚS HDEZ-GÜERO |
TENER LA CULPA, 2014
Flag, flagpole, iron
500x200x100 cm
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Un’opera che racconta la storia di un Paese che ha subito una forte crisi sociale, politica ed economica, ma che lotta per mantenere intatte la dignità e l’identità: il Venezuela.
La bandiera, simbolo rappresentativo dello stato, viene volutamente ripiegata su sé stessa, come segno di sfregio, per una sofferenza collettiva e comunitaria.
Il pennone che la sorregge, fissato ad un basamento squadrato, si piega formando un arco, ma non si spezza, simbolo di forza, resistenza e determinazione, che contraddistinguono tutti i venezuelani.
L’intera installazione si basa prevalentemente su elementi ferrosi, in contrapposizione con la vivacità dei colori tipici della bandiera nazionale: il giallo, il blu e il rosso.
L’artista avendo vissuto in Venezuela dal 2011 al 2018, ha voluto dar voce alla sua personale esperienza, nel rappresentare la situazione reale che il paese ha attraversato… una fatica estenuante per la sopravvivenza di uno stato dilaniato, usurpato e impoverito.
La dimensione che occupa l’intera installazione nello spazio è a grandezza naturale e questo provoca un impatto visivo di grande forza.
Attraverso quest’opera l’artista manda un augurio di riscatto a tutto il Paese, con la speranza di rivedere ancora la cerimoniosa bandiera issata con fierezza.
Testo realizzato dalla studentessa Laura Pintossi, Accademia di Belle Arti Santa Giulia di Brescia
CRISTINA JOBS |
BABY GORILLA ALBINO, 2019
Silicone, crystal
20x48x18 cm
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Due occhioni azzurri che ci guardano carichi di gioia e stupore, un po’ di pelliccia bianca che sta crescendo sparsa sul corpo di un piccolo gorilla albino. Un cucciolo, un essere indifeso e dolce che sembra pronto ad alzarsi per poter giocare con noi. Questo primate in cristallo e silicone rappresenta la rarità e la diversità che caratterizzano tutte le specie, anche quella umana. La scelta di raffigurare tale esemplare è dovuta alla sua intelligenza emotiva molto sviluppata, la quale permette loro di normalizzare le differenze presenti tra i vari membri dei gruppi familiari di appartenenza. Infatti, da questo punto di vista, gli animali sono più sviluppati di noi. Tutto ciò che si discosta dalla normalità, per l’uomo, è motivo di disagio, di repulsione e di isolamento. Il piccolo gorilla, invece, vuole ricordarci che la ricchezza e la forza di ognuno di noi è dovuta a tutti quegli elementi che ci rendono diversi gli uni dagli altri. La gioia e la vitalità che emana, diventano subito contagiosi, come un inno alla vita e all’inclusione. Anche la nostra parte più giocosa e infantile sembra bussare timidamente, trascinata dalla voglia di interagire con il cucciolo.
Talvolta è necessario ispirarsi agli animali per essere umani migliori.
Testo realizzato dalla studentessa Giulia Saiani, Accademia di Belle Arti Santa Giulia di Brescia
ANDREJ JOSIFOVSKY – PIJANISTA |
GOLDEN FLOWER, 2020
Wood, Brushes
50x100x150 cm
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Tanti piccoli spazzoloni per pulire la toilette sono stati disseminati per la città di Belgrado, così come tanti piccoli fiori crescono sui marciapiedi di qualsiasi città, andando contro le ostiche strade di asfalto delle “giungle umane”. L’espansione repentina della capitale della Serbia, ha portato ad un cambio radicale della concezione di spazio urbano per l’attrazione di più turisti e il soddisfacimento estetico della elite. Tutto questo svolto nel poco rispetto del passato.
Lo spazzolone d’oro gigante è simbolo di questo rinnovo: il voler spazzare via il brutto, quello che è stato, per lasciare spazio alla crescita di qualcosa di bello, pulito, profumato, appunto, come un delicato fiore. L’installazione viene realizzata con legname e spazzole di legno, nel rispetto della natura lasciando intendere la doppia essenza del tutto anche nell’utilizzo della materia stessa.
Testo realizzato dalla studentessa Alessia Calzoni, Accademia di Belle Arti Santa Giulia di Brescia
AOMI KIKUCHI |
SECRET, 2020
Goose down, silk thread, italian pigment
30x25x5 cm
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Un’opera impalpabile che sembra galleggiare nell’aria. Tanto bella quanto imperfetta; la leggerezza della seta, unita allo svolazzare delle piume, porta a sottolineare la bellezza racchiusa nell’imperfezione e nella trasformazione. Questo, all’interno della società moderna, sempre alla ricerca della perfezione, non viene accolto; Un mondo in cui le persone possono affascinarsi, sorprendersi e divertirsi.
Da del semplice intimo l’artista riesce ad estrapolare la fragilità e la fugacità del ciclo della natura e del tessuto; lo stesso rinasce come qualcosa di nuovo, pulito, non contaminato.
L’inconsistenza materica di questo mondo è ciò che si vuole dimostrare con l’installazione; inclusa la sofferenza causata dal desiderio umano di avere di più di quello che si può ricevere. Un’esistenza effimera concretizzata dall’utilizzo di materiali così estremamente sottili come la seta e le piume.
Testo realizzato dalla studentessa Alessia Calzoni, Accademia di Belle Arti Santa Giulia di Brescia
YOHEI KONDOborn in Gifu, Japan 1984 | lives in Konan-shi, Japan |
PASSING RAIN, 2017
Stainless Steel
Variable dimensions
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L’installazione dell’artista Yohei Kondo, realizzata in acciaio inossidabile, si ispira a elementi di giapponismo già conosciuti come quelli presenti nelle opere Utagawa Hiroshige.
Ritroviamo qui una riproduzione statica e continua della pioggia, lineare, armoniosa, discontinua, mutevole e rigenerante. Infatti, con lunghe barre d’acciaio, l’artista riprende un evento meteorologico comune, che però riesce sempre a cambiare ciò che vediamo e ciò che sentiamo. La pioggia stimola l’umore di chi la guarda o la sente, alcune volte in meglio, altre in peggio, scatena emozioni e sensazioni. Più di tutto muta il paesaggio davanti al quale ci troviamo, quasi come fossimo, per la durata dell’acquazzone, in un altro luogo. Anche qui sappiamo dove siamo, al sicuro, con un tetto sulla testa e delle vetrate a proteggerci, quando tutto d’un tratto ci troviamo davanti queste gocce continue, instancabili, implacabili, che cambiano la nostra visione.
Testo realizzato dalla studentessa Mariavittoria Crescini, Accademia di Belle Arti Santa Giulia di Brescia
ELIZAVETA KONOVALOVAborn in Moscow, Russian Federation 1986 | lives in Moscow, Russian Federation |
SVOBODA. 1919.2020, 2020
Photography, print on banner, iron cast
Variable dimensions
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Al centro delle staccionate di ferro del ponte, davanti a una stella a cinque punte, c’è una piccola statuina femminile con una mano alzata. I dettagli possono a malapena essere visti attraverso numerosi strati di vernice, in alcune sezioni la figurina è scomparsa completamente nella massa nera lucida.
Questo lavoro è iniziato con una piccola osservazione. La statuetta si è rivelata una replica in miniatura della statua della Libertà*, scolpita da Nikolai Andreev. Nel 1919 fu collocato alla testa dell’obelisco di 26 metri del Monumento alla Costituzione sovietica in piazza Tverskaya a Mosca. Nel 1941 il monumento fu demolito, sopravvisse solo la testa della Libertà.
Elizaveta Konovalova si riferisce alla replica del monumento, conservata presso i bassorilievi del ponte Bolshoy Kamenny, a Mosca. A causa di regolari rinnovamenti pittorici, i contorni della figurina sono stati distorti in uno spessore di strati gocciolanti e l’allegoria della libertà stessa sembra aver ereditato le deformazioni, come adattandosi alla nuova realtà politica. Confrontando l’allegoria originale con la sua replica spontaneamente trasformata, l’artista sottolinea le conseguenze semantiche di questa deformazione plastica.
L’installazione presenta una forma di ricostruzione del monumento perduto, basata su documenti d’archivio e un frammento conservato della scultura, e offre una nuova prospettiva. La fotografia riproduce la replica deformata nella sua scala monumentale originale, 1:1, secondo le dimensioni della perduta statua della Libertà, alta oltre 6 metri. Sul retro, un calco in ferro della stessa figurina è esposto contro uno schema che ripercorre la storia del monumento e la sua demolizione.
VALENTIN KORZHOV |
THE BRAIN THAT PASSED AWAY, 2020
Silicone, fiberglass, hair
270x30x110 cm
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IL CERVELLO CHE È PASSATO esplora la natura dualistica dell’umanità. In una base comica, ma filosofica, la follia della condizione dell’uomo contemporaneo per la semplice sopravvivenza è interpretata dall’artista Valentin Korzhov. Disteso sul pavimento c’è un corpo di silicone, che imita un uomo d’affari, la cui testa è spaccata, esponendo la sua mente e il suo cervello che sembrano essere fuggiti tramite il loro libero arbitrio. L’artista afferma: “… il cervello è avvelenato da una dose scioccante di dopamina alla ricerca di impulsi sensuali luminosi creati dall’abbondanza di civiltà”. -uomo e nichilismo; postmodernismo e, in definitiva, un post-uomo. C’è una giustapposizione tra la forma più alta dell’uomo (ragione, ordine, controllo ecc.) nell’abbigliamento civile della figura e la condizione curata, e la forma più bassa dell’uomo (animalista, istintiva o emotiva) nel cervello liberato.
L’opera d’arte invoglia lo spettatore a mettere in discussione la nostra ossessione culturale nel generare obiettivi, valori e successi, credendo che manteniamo qualsiasi tipo di libero arbitrio personale. Il lavoro fa parte di una serie più ampia chiamata “Darwin vs. Darwin”, che è stata informata dalla ricerca condotta da Korzhov e ispirata da varie conversazioni con un collega biologo Ph.D. Korzhov esplora due idee epistemiche (Conoscenza) sul progresso umano, la prima con Platone con il suo argomento dell’anima immortale e la seconda con Darwin con la sua teoria positivista del corpo e dei fenomeni naturali.
GIULIO LOCATELLI |
LA VICINA GROTTA DEI RICORDI, 2019
Soft (Yarn, Cotton, Fabric)
225x220x250 cm
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Che cosa è un ricordo? “Impronta di una singola vicenda o esperienza o di un complesso di vicende ed esperienze del passato, conservata nella coscienza e rievocata alla mente dalla memoria, con più o meno intensa partecipazione affettiva”. Come gocce d’acqua che con ripetute stratificazioni danno origine a imponenti stalagmiti all’’interno di una grotta, anche i ricordi sedimentati nella nostra mente, sono il frutto di quello che siamo stati nel passato e costruiscono le basi della nostra identità e di ciò che saremo.
Simili a stalagmiti, colonne di morbido cotone bianco, si ergono dal pavimento simulando l’ambiente interno di una grotta, ma simbolicamente rappresentano il cuore delle menti e dell’anima di ognuno di noi. Un accumulo significativo di ricordi, legami e amicizie, buoni o dolorosi che siano, che si rendono visibili attraverso questa installazione originale, ma molto empatica, in cui ogni visitatore vi si può riconoscere nel proprio intimo. Come viscere della terra, le colonne si elevano dando vita a qualcosa di nuovo, come una sorta di germinazione; una nuova linfa che genera e dona una nuova esistenza facendo tesoro di un lungo trascorso.
Testo realizzato dalla studentessa Laura Pintossi, Accademia di Belle Arti Santa Giulia di Brescia
TOLMIE MACRAE |
OIL DANCER, 2018
Variable dimensions
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Attraverso la collaborazione con un ballerino ho potuto definire la mia estetica di videoartista. Il video mi permette di tradurre il tempo e lo spazio in un linguaggio di fotogrammi in cui posso distorcere la sua gerarchia lineare. Come i cubisti che cercano di rappresentare ogni prospettiva contemporaneamente, posso tirare fuori ciascuno di questi momenti catalogati per vedere paradossalmente ogni fotogramma in una volta, consentendo allo stesso tempo alle cose di evolversi e fluire nel tempo.
Testo realizzato dalla studentessa Lorenza Romeo, Accademia di Belle Arti Santa Giulia di Brescia
KIRIKO MITANI – NICIborn in Tokyo, Japan 1995 | lives in Tokyo, Japan |
TADA SUGINI SUGURUMONO, 2019
Light, Stone, String
Variable dimensions
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I cerchi luminosi appaiono e scompaiono, si addensano e si assottigliano davanti ai nostri occhi. Sembra di assistere a uno spettacolo di magia, invece ci troviamo di fronte a un’opera d’arte. Si tratta di un’installazione realizzata con fili fatti ruotare ad alta velocità, poi colpiti con proiettori e, in base all’angolo di irraggiamento e all’ampiezza del fascio luminoso, si vede variare la forma e lo spessore delle figure. Si rimane ipnotizzati a guardare questi anelli lucenti apparire, uno dopo l’altro, nell’oscurità. Si tratta di un’installazione in cui il tempo assume un significato diverso. Scorre, ma non ce ne accorgiamo, perché ne siamo incantati. Materiali semplici e giochi di luce ci permettono di creare uno spettacolo che ci fa dimenticare, per un attimo, le preoccupazioni e la frenesia della vita quotidiana. Ci fermiamo e ci godiamo la meraviglia del momento, qualcosa a cui non siamo più abituati. Invece qui diventa una cosa spontanea, come se fossimo in un luogo incantato. Forse perché l’arte è proprio questo: magia.
Testo realizzato dalla studentessa Giulia Saiani, Accademia di Belle Arti Santa Giulia di Brescia
ANKON MITRAborn in New Delhi, India 1982 | lives in New Delhi, India |
KOMOREBI, 2019
Dupont tyvek, LED lighting, aluminium frame
Variable dimensions
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Komorebi è il sostantivo giapponese che indica l’interazione tra la luce e le foglie, ovvero quel poetico momento in cui il sole splende attraverso gli alberi, filtrando tra le foglie e i rami.
Komorebi oggi diventa anche il titolo di quest’opera di Mitra Ankon, in cui sono sono proprio le foglie a comporre un bouquet d’eccezione: una scultura modulata su una moltitudine di bianchi fogli piegati e ripiegati.
L’opera vuole simboleggiare crescita, rinnovamento e nascita, riportandoci con la mente al ciclo vitale della natura. Il verde primaverile lascia presto spazio alla secchezza e ai caldi colori dell’autunno: la delicatezza della nascita, la robusta crescita e, infine, l’inevitabile morte.
L’artista ripercorre con la mente i suoi sogni a occhi aperti, la realtà onirica in cui, sdraiata in collina o nel bosco, ammirava e gustava la natura lussureggiante sotto di sé. Rivive con coscienza e consapevolezza il suo sguardo puntato verso l’alto, il sole screziato che filtra nel fogliame, donando granelli dorati alla sua umile vista, impietrita da cotanta bellezza.
L’opera è una testimonianza visiva della vita dell’artista e della sua memoria, dei momenti felici e sereni vissuti all’ombra di un albero, sotto la chioma rigogliosa di un ricordo indelebile.
Testo realizzato dalla studentessa Giulia Saiani, Accademia di Belle Arti Santa Giulia di Brescia
ANGELO DEMITRI MORANDINI |
LEGAMI, 2020
Punti metallici, bava
50x300x50 cm
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Molte piccole graffette. Tanti piccoli oggetti che servono a tenere insieme due parti. Tante graffette metalliche che uniscono in modo semipermanente alcuni fogli di carta forandoli e ripiegandoli su se stesso, formando un piccolo libretto. I file. Quei file che contengono e raccontano la vita e la storia di qualcuno, di persone a noi care e di sconosciute. Tutto è connesso, siamo tutti connessi gli uni agli altri grazie a questi minuscoli elementi. In questo modo si costruiscono legami complessi e infiniti. I frammenti rappresentativi di mondi e vite – come lo stesso artista Angelo Demitri Morandini definisce i materiali di quest’opera – sono sospesi tra soffitto e pavimento, in una posizione di agitazione e nervosismo, in costante tensione, proprio come l’intera esistenza umana. L’uomo, in un certo senso, senza legami è prigioniero della propria libertà, quindi è sempre accompagnato da relazioni.
Testo realizzato dalla studentessa Sulbie Osmani, Accademia di Belle Arti Santa Giulia di Brescia
MASSIMILIANO MORO |
PERCETTIBILE ARANCIONE, 2020
Aluminium, led, acrylic
Variable dimensions
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Movimento e colore la fanno da padroni in quest’opera, tra scultura e proiezione di linee e luci. Una perfetta sinergia attraversata da fasci arancioni e azzurri, che catturano lo sguardo del visitatore avvolgendolo in un’atmosfera calda e armoniosa. Linee vuote e piene si articolano e si alternano, generando profondità e senso prospettico, animando l’insieme, attraverso un delicato alternarsi di colori e ombre che incantano l’osservatore.
La proiezione del colore arancio e la sfumatura nella sua tonalità rendono l’opera eclettica e allo stesso tempo elegante e gradevole alla vista che è interrotta da una linea d’ombra che la attraversa. Ma non si tratta di una vera e propria interruzione, ma di un dinamismo piacevole e composto che genera continuità, in un tempismo ordinato e pulito.
La tonalità dell’arancio proiettata su una luce blu puntata al centro della parete, crea notevoli giochi di luce che vanno dal bianco al giallo caldo, mentre il blu rasenta un azzurro intenso. Tutto ciò dona pace e spensieratezza all’intera opera e richiama il bagliore del sole al tramonto. La prospettiva, generata dalle linee che si incontrano, rimanda a uno sguardo lontano e sognante. Seppur realizzata in formato ridotto, la proiezione dell’opera riesce a coprire un’intera parete generando un grande impatto visivo e immersivo.
Testo realizzato dalla studentessa Laura Pintossi, Accademia di Belle Arti Santa Giulia di Brescia
MATTHIAS NEUMANN |
BASICS #27, 2018
wood, 2x4s
Variable dimensions
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Negli ultimi quattro anni sono stato impegnato con un corpus di lavori dal titolo “basics”, che esplora una nozione astratta di forma, spazio e utilità. “Basics” si basa su una logica costruttiva di legname dimensionale additivo, configurato spazialmente seguendo un insieme di vocabolario formale. L’opera vuole essere vissuta sia come gesto scultoreo astratto che come ambiente spaziale fruibile e interattivo nella sfera pubblica. Concepito come parte di un più ampio concetto e installazione per il Museo Nazionale di Arte Contemporanea di Bucarest, Romania (2014), la serie di lavori ha avuto da allora 38 iterazioni come installazioni pubbliche negli Stati Uniti.
Testo realizzato dalla studentessa Laura Pintossi, Accademia di Belle Arti Santa Giulia di Brescia
TANJA PAKborn in Ljubljana, Slovenia 1971 | lives in Ljubljana, Slovenia |
CONGÉ, 2018
Glass, thread
135x32x29 cm
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Certe volte le cose che sembrano dividere sono proprio quelle che uniscono, altre volte, le cose che sembrano unire sono proprio quelle che dividono. L’artista Tanja Pak indaga, approfondisce e mette in discussione due temi che sembrano contrastanti, ma che in realtà si completano a vicenda, il distacco e l’avvicinamento, poiché sono collegati da una grande, invisibile ed energetica forza. L’opera, però, ci rivela che i due sono incapaci di diventare un solo e unico corpo, visto che l’allontanamento si trasforma in avvicinamento e l’avvicinamento provoca distanza. È dunque un attimo, un momento che sembra durare per sempre dove i secondi, i minuti e le ore si sono fermate. Siamo nel limbo. I materiali dell’opera, il vetro e il filo, evidenziano la delicatezza e l’incertezza di questa situazione, la natura fragile dei legami e delle relazioni interpersonali di oggi. Lontananza e separazione, potenza e nodo, conciliazione e riavvicinamento sono le parole chiave per descrivere l’opera Congé.
Lontani, ma vicini.
Testo realizzato dalla studentessa Sulbie Osmani, Accademia di Belle Arti Santa Giulia di Brescia
TANJA PAKborn in Ljubljana, Slovenia 1971 | lives in Ljubljana, Slovenia |
SOLITUDES, 2019
glass, blown glass
Variable dimensions
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Pochi elementi che fanno meditare. Poche forme che fanno riflettere. Poca materia, ma tanta sostanza. In questi tempi il tema dell’isolamento individuale è stato ripreso e analizzato da tutti, anche da quest’opera. Solitudes è un mondo particolare, quasi metafisico, dove il senso di sospensione, dubbio ed emarginazione sono le questioni prioritarie che l’artista Tanja Pak decide di approfondire. Le minimali forme organiche, soffiate a mano, rimandano alla nostra intimità più profonda, desiderosa di vicinanza, ma impossibilitata in tempi di pandemia. Il vetro, il materiale utilizzato, sottolinea la finezza di questa condizione: ci si nasconde nel silenzioso e proprio cosmo pieno di nostalgie e di ricordi. Cosmo dal quale si decide di prendere distanze da sé stessi. La solitudine e l’isolamento, solitamente, o ci fanno ritrovare o ci fanno perdere in noi stessi.
Testo realizzato dalla studentessa Sulbie Osmani, Accademia di Belle Arti Santa Giulia di Brescia
RACHEL PEARCEY |
BREXIT – I DON’T WANT TO LEAVE, PLEASE DON’T MAKE ME, 2020
Vintage French linen bed sheet – cut in half, Black thread
100x30x0,50 cm
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Pearcey Rachel’s I don’t want to leave, please don’t make me, è il NO straziante dell’artista all’idea di Brexit, il suo modo personale di esorcizzare ciò che stava accadendo. Sul lenzuolo di lino francese, l’artista ha cucito l’illusione di poter fermare gli eventi, imprimendo segni decisivi attraversati da delusioni e delusioni.
La traccia cucita mantiene una qualità tridimensionale molto particolare, in cui i punti proiettano ombre sul bianco del foglio, conferendo autorevolezza all’opera ed esprimendo tutta la grave esasperazione vissuta durante l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea.
Questa è l’unica opera politica dell’artista, realizzata in un momento in cui la rabbia faceva sì che l’opera, oltre ad essere importante su un tema sociale di questo genere, diventasse anche e soprattutto un’opera autobiografica.
Questo aspetto narrativo è evidenziato soprattutto dal “fatto a mano”, che esprime irregolarità involontarie, intimità e ispezione, tutti aspetti fondamentali e rappresentativi del lavoro di cucito.
Testo realizzato dalla studentessa Natalie Zangari, Accademia di Belle Arti Santa Giulia di Brescia
FLORENCE PINSON – YNDEN |
WHITE GOLD, HABITUS COBIQUE, 2020
Recycledpaper, pins, xuanpaper
Variable dimensions
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Materiali intrisi di simboli dicotomici compongono l’opera di Florence Pinson-Ynden che, attraverso la sua arte, stimola una riflessione sul rapporto tra l’uomo e il mondo che lo circonda.
Carta riciclata, spilli e carta xuan sono i protagonisti assoluti della scultura “White gold, habitus cubique” in cui ognuno di questi materiali assume un preciso significato metaforico: la carta riciclata rappresenta l’inalterabilità del cemento, gli spilli l’azione umana mentre la carta la fibra incarna il concetto di purezza e vita. L’artista unisce elementi che richiamano delicatezza e gioia con altri che alludono alla durezza e al dolore per esprimere la complessità connessa alla presenza dell’uomo sulla terra e alle sue scelte spesso inconsapevoli della propria responsabilità. È un lavoro che concentra un messaggio forte in forme apparentemente essenziali e ripetitive che, però, nella loro semplicità, diventano scrigni di significati profondi e stimoli per riflessioni sul senso della vita.
Testo realizzato dalla studentessa Caterina Atropia, Accademia di Belle Arti Santa Giulia di Brescia
GUILLERMO QUINTERO ROJAS |
ave de los andes, 2020
Manguera negra, Agua lluvia
Variable dimensions
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Due grandi quinte fissate al soffitto suscitano stupore e affascinano chi osserva l’opera di Guillermo Quintero Rojas che, utilizzando tubi neri, ripropone la sua interpretazione della struttura alare di un condor. L’artista colombiano rende omaggio alla sua terra e, attraverso la scultura “Ave de Ios Andes” che simboleggia l’uccello rapace, emblema delle Ande, celebra il suo luogo di nascita. La bellezza e la vastità dei paesaggi di questa zona sono una costante fonte di ispirazione artistica per Quintero che, volendo preservare l’ecosistema, sensibilizza le persone attraverso il proprio lavoro. L’uccello protagonista della sua opera è infatti una specie in forte pericolo di estinzione, che necessita di attenzioni e cure per essere protetta e salvaguardata.
A livello di progettazione ed esecuzione scultorea, l’artista ha anche ideato la circolazione dell’acqua piovana all’interno delle tubazioni della struttura in modo da creare un ulteriore legame con la sua terra e alludere ai tradizionali sistemi di irrigazione colombiani.
Testo realizzato dalla studentessa Caterina Atropia, Accademia di Belle Arti Santa Giulia di Brescia
RAUL REBOLLEDO |
ACTA EST FABULA, 2018
Flag pole, body bag
30x210x30 cm
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Quest’opera porta il nome della frase pronunciata sul letto di morte dall’imperatore romano Cesare Augusto, letteralmente: la funzione è finita.
La funzione che Rebolledo dichiara compiuta non è quella riferita alla vita di un individuo, ma alla morte del progresso, quella desiderata emancipazione combattuta tra le braccia della modernità. Quel Natale nuovo e migliorato che ci si aspettava non è arrivato, tradendo le aspettative di tutti i speranzosi, rimane solo lo scheletro del sogno: un’asta portabandiera da cui pende un sacco per cadaveri, non trionfante. Quest’opera cruda e inesorabilmente simbolica sfrutta un elemento normalmente utilizzato per l’esibizione di successi, onori e trionfi, riutilizzandolo invece come supporto al dolore, alla morte cerebrale di una società che non ce l’ha fatta.
Testo realizzato dalla studentessa Mariavittoria Crescini, Accademia di Belle Arti Santa Giulia di Brescia
ANONIMA/LUCI |
NON C’È TEMPO!!, 2019
Laser, Haze, Wooden panel
120x120x15 cm
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Il tempo è un costrutto sociale: non ha materia, non ha forma. Itt Indica la successione cronologica di eventi e situazioni. È astratto, non può essere afferrato, fermato, sospeso. Continua a scorrere.
Anonymous/LUCI ha dato corpo al tempo, utilizzando luci e suoni. Trentadue laser rossi formano i vertici di una figura geometrica circolare e la sua creazione è scandita da un ritmo regolare. Tic. Tac.
Il susseguirsi di fenomeni, emozioni e pensieri influenza la percezione stessa del tempo da parte dell’uomo: esso non appare più circolare e costante, ma cambia, crea strutture nuove e inedite, ingovernabili. Il tempo continua a passare.
Non c’è tempo!! esemplifica il progresso, il disagio di una società il cui fine ultimo è la creazione di nuovi mezzi e tecnologie che permettano di risparmiare e rallentare il tempo stesso.
Questo lavoro pone l’osservatore di fronte all’inevitabile fluire dei secondi e alle emozioni contrastanti che può provare semplicemente vedendolo scorrere.
Testo realizzato dalla studentessa Giulia Gandini, Accademia di Belle Arti Santa Giulia di Brescia
TIZIANA SCARVACI |
“E NON PIÙ” N°5, 2020
Linen fabric, thread, glue
23×15 cm
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La delicatezza del lino, tessuto prezioso, meticolosamente ricamato con un filo azzurro, ci trasporta in un’altra epoca, ricca di tradizioni, storia e cultura.
Con quest’opera l’artista ci regala un assaggio delle sue origini, la Sicilia. È proprio da questa terra che prende ispirazione, osservando le persone che la abitano, il mare e la natura, dando vita a trame ricche di esperienza e riflessioni interiori.
Il ricamo, la lavorazione del filato, rimandano ad una tipica quotidianità domestica femminile, ricca di artigianalità; una delizia tramandata di generazione in generazione, un percorso narrativo intriso di familiarità. Come si tramanda l’arte del cucito, anche il punto utilizzato viene ripetuto sul tessuto in modo spasmodico e cadenzato; solo un pezzo di tela rimane incontaminato, creando una forma astratta, attirando lo sguardo verso il dettaglio. Un’interruzione intenzionale con abile consapevolezza.
La ripetizione del ricamo richiama il ritmo naturale del tempo, l’abitudine che caratterizza la quotidianità; il caratteristico intreccio del filato evoca i legami che si instaurano tra le persone. In tutto questo l’artista riflette parte della sua esperienza e delle sue relazioni.
Il bordo della tela di lino viene lasciato libero da ricamo come se incorniciasse l’opera stessa. L’opera fa parte di una serie di opere tutte realizzate con la stessa tecnica.
Testo realizzato dalla studentessa Laura Pintossi, Accademia di Belle Arti Santa Giulia di Brescia
RUI SHA |
OCCURRENCE OF ONE DRIP, 2019
Wood, Motor, Glass
30x91x30 cm
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Una stanza bianca, una struttura in legno, una tazza di vetro, un filo appeso, una goccia d’acqua perduta. Conservare per sé, per quanto possibile, un ricordo effimero, transitorio, passeggero. Conservare nostalgicamente la propria presenza all’interno di una bolla senza tempo, custode della memoria. Il verificarsi di una flebo è un lavoro di sospensione, di gesti incontrollati e di ansiose attese, attimi eterni in cui tutto può succedere, attimi in costante equilibrio, incerti. Rui Sha, artista interdisciplinare, con un gesto regolato e calibrato da un motore posto sul soffitto, esprime il desiderio di incorporare la percezione di un’esperienza passata, intimamente connessa con il sentimento intangibile legato a quel momento ormai svanito. I materiali utilizzati, legati al significato dell’opera, sono pure rappresentazioni di situazioni quotidiane dell’artista che, attraverso il processo artistico, cattura e sospende i ricordi evanescenti destinati a svanire nel vuoto cosmico della nostra mente.
Testo realizzato dalla studentessa Alessia Pietropinto, Accademia di Belle Arti Santa Giulia di Brescia
SOOKYOUNG GHEEM |
INTERSTICE, 2014
Brick, yarn
Variable dimensions
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È un’indagine sull’uomo che Sookyoung Gheem realizza con Interstice, metafora dei meccanismi che regolano la sua quotidianità, un ragionamento sulla condizione speciale della creazione artistica capace di dar luogo a una connessione con l’ambiente che lo circonda e con l’osservatore . I mattoni pieni di cemento diventano immagini delle idee fisse e consolidate del pensiero umano, confini definiti che, però, possono essere infranti e infranti creando un vuoto. Questa distanza, che separa i blocchi massicci, anche se piccoli o apparentemente insignificanti, diventa un canale di accesso: il racconto e le infinite possibilità che fanno cadere e dissolvere il recinto stabile dell’oggetto di riflessione, penetrandolo. È una performance scultorea in cui lo spazio diventa protagonista dell’azione entrando in dialogo con la materia stessa e con lo spettatore: instaurano infatti un legame reciproco che invita il fruitore a ritrovarsi dentro ciò con cui si trova. confronto.
Testo realizzato dalla studentessa Melissa Freti, Accademia di Belle Arti Santa Giulia di Brescia
BEATRICE SPADEAborn in Monza, Italy 1995| lives in Monza, Italy |
BREATHE THROUGH YOUR WOUNDS, 2020
Black threads on cotton paper
40x30x40 cm
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Un’installazione ricca di intensità, di speranza mista al dolore dei mesi difficili che non solo l’artista, ma il mondo intero ha dovuto attraversare. L’opera nasce infatti come esigenza personale, in un momento così complicato, come quello della pandemia di Covid 19, di esprimere sentimenti, paure e preoccupazioni riguardo al futuro incerto.
Il distanziamento sociale ci ha costretto a guardarci dentro in solitudine e a superare i problemi senza l’aiuto degli altri, cercando sostegno nelle piccole cose; da qui il titolo emblematico “Respira attraverso le tue ferite”.
La struttura dell’installazione è in carta cotone e rappresenta un corpo stanco e teso. Una cucitura realizzata con fili di cotone nero strappa la levigatezza della carta, creando un vero e proprio dorso, capace di sostenere il corpo appesantito. Da questa robusta cucitura capace di dare vita, si diramano i fili che, sfondando la parete opposta della struttura, creano la scritta “respira”, per poi scendere e unirsi in un lungo intreccio di fili aggrovigliati.
I materiali poveri utilizzati e la loro apparente delicatezza contrastano con il messaggio e la grande forza che sprigiona quest’opera, che dona speranza e voglia di rinascita.
I fili che passano da una parte all’altra del corpo creano un legame, una connessione, capace di renderlo ancora vivo e forte; sono in grado di rimarginare quelle dolorose ferite ricucite con cura, di donare nuova vita e un messaggio di positività.
Testo realizzato dalla studentessa Laura Pintossi, Accademia di Belle Arti Santa Giulia di Brescia
BOY & ERIK STAPPAERTS |
DATABANK I, 2019
Aluminium, Paper, lacquer
720x412x26 cm
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Una collisione di colori sempre nuovi, affascinanti che attirano lo sguardo; Sfumature improbabili portano allo scontro di pensieri contrastanti, capaci di gettare l’umano nella confusione, ma anche nella calma. Il dinamismo irrazionale che si genera dall’assemblaggio di questi colori rispecchia in tutto e per tutto le emozioni umane, il sentimento dell’essere umano. L’aspetto sintetico e la precisione dell’opera si eleva con i suoi componenti in lacca industriale, che ricopre la superficie e declassa ufficialmente la sensazione classica che si prova davanti ad un’opera dipinta con colori ad olio o qualsiasi altra tecnica pittorica tradizionale. Quello che vogliamo far emergere è la perfezione nella sua forma fisica e virtuale, che attrae o rifiuta i processi mentali, sociali, politici, economici. Il conflitto di colori porta l’installazione ad essere un vero e proprio teatro di scena in cui ognuno di noi recita la sua parte.
Testo realizzato dalla studentessa Alessia Calzoni, Accademia di Belle Arti Santa Giulia di Brescia
MICHAEL THRON |
CARTRIDGE, 2021
Concrete
18x25x18 cm
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Quelle accatastate come palle di cannone pronte per essere sparate in battaglia per le azioni di qualcun altro.
GABRIELA TORRES RUIZ |
RAÍCES, FROM THE PROJECT THE PATH OF LEAST RESISTANCE, 2019
Cables, projection, image
Variable dimensions
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È una battaglia che dura da millenni che coinvolge la Natura e l’uomo. Il primo ha il solo desiderio di sbocciare e continuare a vivere indisturbato la propria vita; il secondo, invece, vuole prevalere su ogni essere del creato, anche a costo di distruggere progressivamente il pianeta su cui vive. Questo è ciò che Torres Ruiz Gabriela vuole mostrare con il suo lavoro, ovvero farci capire l’importanza dell’ambiente e una corretta convivenza con esso. È necessario che l’essere umano si renda conto che deve lasciare il dovuto spazio alla Natura affinché possa continuare a crescere liberamente, altrimenti non ci sarà più un posto dove vivere. Ci siamo imposti a voi, relegandovi in zone sempre più ristrette e trascurate, dimenticando che anche l’ambiente ha una grande influenza su di noi. Esatto, dipendiamo da lui non solo per sopravvivere con cibo e riparo, ma anche a livello genetico e sanitario. Quindi ogni azione contro la Natura è anche un’azione contro noi stessi, quindi è importante riconoscerne il valore inestimabile e imparare a conviverci senza sfruttarla.
Testo realizzato dalla studentessa Giulia Saiani, Accademia di Belle Arti Santa Giulia di Brescia
NACHO UNRREIN |
749.766M3 OF SUMMER, 2019
Seed ,ground ,water
75x100x100 cm
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749.766 m3 d’estate è il volume stimato di terreno che è stato conquistato dalle piscine della Città di Buenos Aires, rappresentato in scala 1:100.
Ogni cubo contiene al suo interno semi che possono essere germinati attraverso un impianto con irrigatori, un serbatoio d’acqua e una pompa in pressione oa mano. A questo proposito, può verificarsi o la morte o la vita e quindi riflettere sul tipo di patti e alleanze che stabiliamo politicamente con altri esseri e realtà.
Questa installazione appartiene all’Unione delle piscine argentine, che ipotizza la possibilità di allargare l’orizzonte politico ad altre forme di vita impersonali, ovvero a tutti gli agenti che, insieme agli esseri umani, convivono in questo peculiare ecosistema.
L’Unione è la prima che sindacalizza e obietta invece su un soggetto e fantastica sulla possibilità di un dialogo tra le cose e l’essere umano. Un parlamento dove gli oggetti hanno voce e capacità di agire, così da evidenziare l’esistenza di altri modi di percepire, rivendicare, esigere, essere.
ANASTASIA DUBACHborn in Sochi, Russian Federation 1984 | lives in Moscow, Russian Federation |
PIECES OF YOURSELF, 2019
Marble, acrylic paint
20x30x20 cm
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La serie scultorea degli ultimi anni è il risultato dei miei pensieri sulla vicinanza tra le creazioni della natura, da un lato, e gli oggetti artificiali dall’altro. L’idea che sia impossibile tracciare una linea netta tra questi due “media”, come postulato nella moderna teoria critica, è diventata il punto di partenza per i miei esperimenti con materiali e forme. Nelle mie opere scultoree, utilizzo materiali naturali come il legno e il marmo per creare oggetti che sembrano tracciare la più sottile delle linee tra l’artificiale e il naturale, tra l’apparentemente casuale e il faticosamente modellato, tra ciò che è fondamentalmente artistico e ciò che è fondamentalmente naturale. La mia nuova serie di “pezzi di te” glorifica la personalità multiforme che è contenuta in ognuno di noi. La scultura crea l’aspetto di un busto di pietra tridimensionale, finché lo spettatore non cammina intorno all’opera e vede che è composta da diverse facce e da diversi pezzi di me. Il lavoro riflette come siamo tutti parti complesse di molti personaggi che si uniscono per creare una persona intera. Ho capito che voglio sentire la “presenza” di una persona. Era questa “presenza” di una persona che volevo catturare nel mio lavoro: i caratteri delle persone, le emozioni e, in effetti, la loro “essenza”.