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Caterina Roppo | L’intreccio fra Arte, Incalmi e Trayma

Caterina Roppo, vincitrice del Premio Speciale “Business for Art” realizzato con l’azienda Incalmi, si racconta in seguito alla creazione del progetto “Il Vuoto di Trayma”. L’opera è esposta negli spazi di Arte Laguna Prize all’Arsenale Nord di Venezia.

Dovete sapere che il rapporto che abbiamo instaurato non è più solo professionale ma una relazione d’amore. Amore per il nostro lavoro, che non ha orari, Amore dei nostri artigiani, che realizzano l’idea, Amore per il materiale, che assecondiamo, Amore per la natura, che ci ispira, Amore per l’essere umano, che cerchiamo di comprendere e Amore per le storie belle, che vogliamo raccontare a tutti.

Patrizia Mian, CEO e Fondatrice di Incalmi

Puoi raccontarmi qualcosa di più su di te e l'inizio del tuo percorso artistico?

Il mio percorso artistico è nato dalla moda. Dopo aver completato i miei studi presso il Polimoda di Firenze, ho intrapreso una carriera nel design, scoprendo presto una forte inclinazione verso la ricerca materica. Un esempio significativo di questa passione è stato il primo premio che ho ricevuto per un progetto innovativo: una collezione di maglieria realizzata con nastri di videocassette in disuso, presentata in installazioni luminose.
Era un periodo in cui il concetto di sostenibilità non era ancora così diffuso.

A 26 anni, ho deciso di trasferirmi da Firenze a Milano, dove ho co-fondato una agenzia di consulenza artistica con altri quattro soci. Poco dopo, sono diventata partner di una seconda agenzia specializzata nella ricerca tendenze e sperimentazione tessile. A 27 anni, mi sono trovata a dirigere il reparto di ricerca della fiera tessile più importante d’Italia, e la seconda a livello mondiale. In quei dieci anni, ho avuto l’opportunità di collaborare con l’élite dell’industria tessile italiana, che rappresenta una parte fondamentale del nostro patrimonio culturale. Aziende di primo piano si affidavano a me e al mio team per lo sviluppo di nuovi materiali sperimentali, E stata un’esperienza incredibile, di cui sono molto grata.

Parallelamente, ho sempre nutrito un forte interesse per il tema della salute mentale, approfondendolo sia per motivi personali sia attraverso un percorso terapeutico di dieci anni. Dopo aver affrontato un disturbo da stress post-traumatico a seguito di un grave trauma, ho avvertito la necessità di aprire un dialogo su questo argomento.

Mi sono sempre chiesta perché fosse così difficile per le persone accedere alla terapia psicologica, mentre andare dal medico per un raffreddore è considerato normale. Sappiamo che il cervello è l’organo più importante del nostro corpo; quindi, ho deciso di utilizzare il mio talento creativo per stimolare una conversazione sull’igiene mentale. Le mie opere mirano a diventare spazi di dialogo itineranti, ospitati in musei e gallerie. Credo fermamente che l’arte, con la sua potenza espressiva, sia un mezzo ideale per affrontare temi scomodi e complessi.

La sperimentazione è un punto forte di Incalmi, azienda che ha scelto di premiarti nell'ambito dei Premi Speciali di Arte Laguna Prize. Con la tua tecnica artistica è poi nato un vero e prorprio percorso di ricerca tra materiali, temi e nuove tecniche. In particolare, il tuo approccio alla plasticità e alla ricerca di nuove sperimentazioni artistiche ha portato alla nascita dell'opera che hai realizzato durante questa esperienza. Qual è stato il punto di partenza dal quale si sono sviluppate le tematiche che avete affrontato insieme?

L’opera che verrà presentata a novembre, grazie ad Arte Laguna Prize, sarà accompagnata da un diario* che documenta l’intero percorso di ricerca. Questo libro risuona con una parola che, per me e Patrizia (fondatrice di Incalmi), ha assunto una dimensione quasi cosmica: “tramandare”. Il progetto che ho candidato al concorso esplora nuove scoperte scientifiche nell’ambito del DNA, in particolare l’epigenetica del trauma. Mi sono concentrata sulle mutazioni genetiche derivanti da traumi, interrogandomi sulle conseguenze generazionali e sulle possibilità di prevenzione.

Incalmi, con la sua natura poliedrica e la capacità di padroneggiare tecniche particolari, aveva proposto per il Premio l’utilizzo dello smalto a fuoco. Quando ho incontrato Patrizia per la prima volta, sono rimasta affascinata dalle straordinarie potenzialità di questa tecnica, una vera e propria eredità della tradizione italiana che dagli anni ’70 ha rischiato di essere dimenticata. La connessione con la volontà condivisa di esplorare il concetto di heritage è stata immediata e profonda.

La ricerca filosofica si è intrecciata in modo naturale con quella materica, rendendo lo smalto un simbolo dell’azione consapevole che possiamo intraprendere per modificare il nostro destino genetico e spirituale. Abbiamo sperimentato anche altri materiali, creando una sinergia tra la pietra (simbolo delle mie ricerche), il tessuto (il mio vocabolario), lo smalto (il linguaggio di Incalmi), e il rame, che abbiamo utilizzato per rivestire il vuoto, inventando un nuovo materiale per Trayma.

*Il diario è consultabile presso la mostra Arte Laguna Prize, o da richiedere all’azienda Incalmi per la distribuzione.

Ci hai raccontato che la tua opera non rappresenta soltanto qualcosa di plastico, ma anche di performativo. Come immagini l'unione di questi due approcci tra loro?

Il passaggio dall’arte plastica a quella performativa nel mio percorso è stato inevitabile. Durante gli anni dedicati all’investigazione del “sé”, ho compreso come mente e corpo debbano muoversi in sincronia per consentire mutazioni reali. Ho approfondito lo studio delle tradizioni antiche, delle celebrazioni e delle varie forme di preghiera, scoprendo che in passato l’essere umano possedeva una maggiore consapevolezza dell’importanza di questa connessione. Basti pensare allo yoga, che incarna la perfetta unione tra mente e corpo nell’equilibrio e nella ricerca del sé.

La mia prima performance, realizzata a Milano, è stata un esperimento in cui ho invitato sei persone ad attraversare con me le “porte del dolore”, utilizzando la respirazione come mezzo di trasmissione e protezione. Questo processo ci ha permesso di lasciare nella pietra il dolore, preservando al contempo i ricordi. È stato incredibile vivere l’emozione delle persone presenti.

Per la presentazione del “Vuoto di Trayma” all’Arsenale Nord, avrei desiderato coinvolgere gli osservatori in un approccio performativo. Tuttavia, per motivi logistici, abbiamo deciso di mantenere l’installazione nell’ambito plastico. Questa scelta, però, apre la porta a future collaborazioni e a nuove opportunità di coniugare questi due approcci, magari in sinergia con Incalmi e Arte Laguna.

Il progetto sviluppato porta con sé la "Rigenerazione della trama", un concetto che è stato legato al tema del femminicidio. Come viene integrata questa tematica così importante nell'opera realizzata? Qual è la volontà dell'opera nei confronti del fruitore? C'è un aspetto terapeutico in questo? E se sì, qual è?

 “Il Vuoto di Trayma” è il frutto di un lungo percorso di riflessione che culmina in un’installazione, ma che include anche tutta la ricerca filosofica sottostante. Partendo dagli studi sull’epigenetica e dalla necessità di creare un elemento visivo che li rappresentasse, ho esplorato vari temi legati al trauma. Il primo argomento è stato l’Olocausto, poiché da lì hanno avuto origine le ricerche sul tema. È stato il materiale stesso a suggerirmi di affrontare il tema del femminicidio, una sorta di intuizione. Ho sempre considerato l’artista come un tramite, piuttosto che un generatore, e in questo caso l’ho percepito con particolare intensità.

L’opera rappresenta un vuoto, la presenza dell’assenza. Il rame che ricopre il tessuto enfatizza l’assenza del corpo, trasformando il tessuto in una pelle che occupa uno spazio innaturale. Le forme geometriche irregolari di un abito che dovrebbe coprire un corpo sottolineano le “violenze” subite, mentre le striature di Trayma emergono per esprimere esattamente questo. Le pietre, che rappresentano la famiglia, sono abbracciate da sezioni smaltate di rosso, a significare ciò che rimane impresso nella fibra genetica.

La prevenzione diventa ancora più urgente quando si considerano le conseguenze di una catena così lunga di traumi, portando alla conclusione che i figli di chi ha commesso una violenza potrebbero subire conseguenze dai figli di chi l’ha subita, in un ciclo senza fine. Tuttavia, l’opera affronta anche il tema della meditazione, utilizzando la pietra come simbolo di calma stoica e resilienza.

In un contesto di riprogrammazione del nostro patrimonio genetico, studi recenti stanno esaminando gli effetti della meditazione sulla programmazione genetica e sulla prevenzione delle malattie, suggerendo un effetto simile al placebo, ma senza zucchero. In questo senso, l’opera possiede anche un aspetto terapeutico, poiché invita il fruitore a riflettere su come possiamo, attraverso la consapevolezza e la meditazione, interrompere questa catena di traumi e rigenerare la trama della nostra esistenza.

Arte Laguna Prize è riuscito a darti l'incipit per avviare una collaborazione che, spera, possa continuare anche in futuro. Quali sono le tue aspettative per il futuro della tua carriera artistica? Ci sono dei progetti che hai in programma?

Per quanto riguarda le prossime mostre, ho una personale il 26 settembre al palazzo Pallavicini Rospigliosi a Roma, curata da Domenico De Chirico e stiamo parlando di una personale a Mallorca (dove si trova il mio studio).

Tra i miei obbiettivi per il 2025 vorrei approfondire la scrittura, la filosofia è già parte della mia ricerca e il Vuoto di Trayma sarà la prima pubblicazione che realizzo unendo ricerca e riflessioni filosofiche. Desidero spendere più tempo a Milano, dove vivo la metà del tempo, aprendo il salotto di casa a conversazioni sul tema del trauma. Un incontro mensile tra creativi: artisti, scrittori e filosofi…

Come potresti definire questa esperienza? Come ti ha aiutato nello sviluppo del tuo percorso?

Sono molto grata ad Arte Laguna Prize per questa opportunità, che è andata ben oltre le mie aspettative. Grazie a questo progetto ho avuto l’opportunità di sviluppare anche altre collaborazioni con Incalmi, mi hanno inviata infatti ad essere parte di Edit 2024, presentando un progetto di Ricerca nella sezione Cult.

Il percorso si chiama “Galateo Ancestrale” ed è un dialogo tessile ispirato al tema del respiro.
Il premio speciale di Arte Laguna Prize mi ha aiutata in molti modi, dandomi l’opportunità di sperimentare aree di ricerca come la scrittura, mi ha riportata nell’ambiente artigianale, che mi mancava moltissimo, avendo passato gli ultimi anni da sola in studio e ha aperto diversi canali di ricerca.

Oltre a questi risultati a breve termine, prevedo che sarà un ottimo trampolino per ulteriori connessioni.
Mi sono già iscritta al prossimo!

 

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Foto credits: Serena Eller

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