Descrizione
Consolandosi o sfidandosi a vicenda, parlano o almeno ci provano.
Dispiego e continuo ad esplorare la postura fisica, psicologica e sociale degli esseri umani, i vari costumi indossati dagli esseri umani per vestire le loro pause intime.
Devo riuscire a dipingere la nostra lotta per affrontare gli altri, per avvicinarci agli altri, la lotta tra le nostre molteplici intimità, tra il nostro imperativo della vita in società, della sottomissione volontaria alla servitù, e l’imperiosa necessità dell’autonomia, dell’individualità.
Il Bardo, secondo la tradizione tibetana, è il luogo di passaggio tra morte e rinascita in un nuovo involucro carnale. È un passaggio che dura, dove il tempo è distorto, uno spostamento tra la vita e un’ipotetica reincarnazione.
Qual è la differenza, in fondo, con il nostro momento terreno? Questo lungo corridoio di cui percepiamo o dimentichiamo le pareti, secondo le nostre lotte e la nostra quotidianità, la nostra felicità furtiva? Tunnel più o meno oscuro che collega la fine dell’infanzia alla morte, dove bisogna restare, dove sembra fondamentale attivarsi, andare avanti. A volte il corridoio si illumina e si allarga, il più delle volte non lo vediamo più, finiamo per ignorarlo, integrandone le proporzioni. Una buona parte del tempo, aspettiamo, guardiamo. Siamo pronti per il cambiamento, per il grande cambiamento. Stiamo anche cercando un corridoio parallelo, un controvicolo, ci sarebbe un controvicolo a Bardo?