Descrizione
Un tipo inizia a meditare in un parco pubblico.
Le persone iniziano a vederlo come una guida.
Ma tutto si trasforma in tragedia.
Cortometraggio di Tanguy Malik Bordage
KALI YUGA
Il Kali Yuga è l’era del ferro, secondo la tradizione Hindu, l’ultima era di un grande cerchio chiamato Manvantara. Il Manvantara è formato da 4 ere: l’età dell’oro, l’età dell’argento, l’età del bronzo, e infine il Kali Yuga, l’età oscura. È stato detto che quest’era è iniziata intorno al 4000 ac, all’inizio della storia, al tempo in cui i primi testi venivano scritti. Questa Età del Ferro sarebbe durata per 6480 anni. Perciò noi stiamo vivendo nell’ultima parte dell’utima era del circolo cosmico dell’umanità! Il Kali Yuga è stato descritto come un tempo di distruzione, degenerazione, declino, un tempo in cui gli umani non hanno contatto con la natura e con loro stessi, con la loro essenza spirituale. Questa è l’era del materialismo, dell’homo economicus… Che io condivida o meno questa credenza non è importante. Anche se l’accuratezza di questa profezia, vecchia di migliaia di anni, è sorprendente, io non sto cercando di dimostrarla o di giustificarla. Voglio utilizzarla come terreno di gioco, una cornice per la mia riflessione, come un sostegno metafisico e filosofico. Questo è il tema della finzione, è la cosmogonia nella quale navigo liberamente. Queste sono le regole del gioco. Nonostante il vocabolario negativo del Kali Yuga: “oscuro”, “ferro”, “declino”, “rottura”, etc. non ci sono critiche morali. Ciò che trovo affascinante è che quest’era, come quelle precedenti, è necessaria, che ogni parte di questo insieme sia legittimo tanto quanto gli altri. Questo è il Dharma, l’ordine delle cose. La distruzione è ciò che concede la rinascita, il rinnovo, l’inizio di un nuovo ciclo verso una nuova era d’oro. La mia prospettiva artistica non è morale. È sensitiva e soggettiva. È piena di humor e angoscia. È epica e favolosa.
AMORE AL TEMPO DEL CORONA
È comune sentire che la mia direzione sia molto cinematica, che le mie immagini dicano molto. Io vedo la direzione e la regia come due modi affini di creare, molto diversi ma anche molto simili. Ho sempre voluto provare la regia. Ho persino girato un training film prima ancora di iniziare in teatro. Da quando ho iniziato a girare, quando ero un teenager, piccoli film con la videocamera di mio padre, ho sempre sentito in fondo che un’importante parte del mio lavoro sarebbe stata il cinema. Questo progetto è un’opportunità per sperimentare come questi due modi di narrare possano coesistere, corrispondere, contraddirsi, completarsi, intrecciarsi e rinforzarsi a vicenda. Il Kali Yuga è un progetto composto da numerosi episodi. Uno può essere pura tragedia, accanto a una buffoneria satirica, il successivo un discorso poetico per esempio. La coesione complessiva si avrà attorno al tema. Questo è un progetto emerso all’inizio del lockdown del coronavirus, come progetto a sorpresa che deve la sua esistenza solo agli eventi. È un progetto sopravvissuto, un adattamento. È una proposta che è stata adattata alle regole sanitarie, agli standard di sicurezza, alle regole dei teatri e dei set. È un progetto che come l’acqua, non è stato fissato, è diventato il suo contenitore, un adattamento agli eventi, fluttuante. Ciò che mi ha fattovenire l’acquolina in bocca di questo progetto è la sua spontaneità. Tutti noi conosciamo le deadlines di una produzione classica, le retrospettive dei piani dei teatri stracolmi, le creazioni pianificate 2, 3, 4 anni prima in anticipo (dichiaratamente derisorio sulla scala di un Manvantara)… Ciò che la situazione corrente impone è di creare qualcosa che al momento propizio, cogliere lo spazio creato, la breccia aperta. È un’esperienza. Il suo desiderio di creare qualcosa carico della situazione attuale, questa incertezza, questa eccitazione mista a paura, con un gruppo di tecnici e di performer in ricerca di una nuova avventura artistica, che possa durare un tempo considerevole, sperimentale.